Per manifestare in piazza nel torrido mattino di fine luglio a Roma bisogna essere proprio disperati.
E i ricercatori precari del CNR sono molto disperati, dopo che la ministra Maria Cristina Messa ha impedito a 350 di loro di ottenere la stabilizzazione del posto di lavoro, come invece era previsto da un decreto della ex ministra Madia.
I precari del CNR ancora da regolarizzare in base alla Legge Madia erano 400. Il decreto ministeriale della M.C. Messa dispone fondi solo per 50, tutti gli altri sono fuori.
Sono ricercatori che da anni lavorano a progetti di ogni tipo, se fossero dipendenti privati avrebbero già vinto le cause di lavoro e, cosa ancora più importante, avrebbero comunque vista riconosciuta la loro utilità.
Per capire l'assurda ingiustizia di cui questi "lavoratori della conoscenza" sono vittime bisogna metterli nel contesto attuale.
Il governo Draghi, di cui la ministra Messa fa parte con la responsabilità su Università e Ricerca, si è insediato con l'obbiettivo di ottenere e spendere bene i 250 miliardi del Recovery Fund.
Nel nome di questo importante obbiettivo l'Italia ha rinunciato a una parte di democrazia creando il regime dei "migliori", anche se non eletti, quelli più competenti e capaci di realizzare la sfida del secolo: investire nell'innovazione.
Ingenuamente saremmo portati a credere che l'innovazione si realizza anche, se non soprattutto, con la ricerca e la valorizzazione delle competenze.
E allora perché il CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche, ovvero il ministero da cui dipende, si dimentica, umiliandoli, 350 ricercatori in cerca di stabilità lavorativa?
E' come se un'azienda che sta per ricevere una gigantesca commessa in grado di saturare la produzione per diversi anni, anzichè potenziare le risorse le riduce, o le demotiva. In questo caso si griderebbe alla scandalosa voracità di profitto dell'azienda.
Ma il CNR è un ente pubblico, il suo scopo non è fare profitti ma buona e utile ricerca e allora perchè non si trova il modo di stabilizzare e riconoscere il valore di centinaia di ricercatori, proprio nel momento in cui si dovrebbe investire di più sulla ricerca e sul futuro?
Forse perchè un conto è la propaganda altro è la realtà.
I ministri del governo Draghi non sono i "migliori" che qualcuno vorrebbe spacciare. Nel caso della ministra M.C. Messa nasce il sospetto che ci sia anche una buona dose di arroganza.
Sul sito del ministero Università e Ricerca si ricava la notizia che il "Forum Strategico Europeo per le Infrastrutture di Ricerca (ESFRI) ha approvato 11 nuovi Progetti, di cui ben 9 vedranno la presenza italiana"
Rispetto alle nuove approvazioni, l’Italia è il Paese che coordinerà più progetti, 4 in tutto: 2 guidati da INFN-Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (ET-Einstein Telescope e EUPRAXIA- European Plasma Research Accelerator with Excellence in Applications), 1 da CNR-Consiglio Nazionale delle Ricerche (SoBigData++ RI-European Integrated Infrastructure for Social Mining and Big Data Analytics) e1 da Fondazione per le scienze religiose (RESILIENCE- Religious Studies Infrastructure (!?!): Tools, Innovation, Experts, Connections and Centers). Parteciperà, poi, ad altri 5 progetti guidati da enti di altri Paesi europei.
Sempre sul sito del MUR si ricava il curriculum della ministra Messa, in cui spicca:
Dal 2011 al 2015 è stata vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Tra i suoi obiettivi principali quelli di realizzare progetti di ricerca, promuovere lʼinnovazione e la competitività del sistema industriale nazionale, favorire lʼinternazionalizzazione del sistema di ricerca italiano, e fornire tecnologie e soluzioni ai bisogni emergenti nel settore pubblico e privato.
Nessuno se ne è accorto, ma la Messa ha utilizzato l'incarico al CNR per promuovere la sua attività e ci tiene ad informarci con scrupolosa precisione che:
Cristina Messa è autore di più di 180 lavori scientifici. Le sue pubblicazioni hanno ricevuto più di 6 mila citazioni, con una media di più di 300 citazioni per anno negli ultimi 15 anni, inclusi i lavori scientifici con più di 200 citazioni. Piu' del 50% di questi sono nel primo quartile di "Scopus". Il suo global h-index è 52.
Ecco svelato il mistero delle mancate 350 assunzioni di precari del CNR: loro non hanno pubblicazioni nel primo quartile di Scopus e il loro global h-index è inferiore a 10, per non parlare del basso numero di citazioni.
Hanno ragione i precari del CNR: Vergogna! Vergogna! Vergogna!