Non condivido, anche se capisco, le polemiche suscitate dalla scoperta, tardiva, che le scuole pubbliche italiane sono classiste e razziste. Specchio di una societa' che lo e' altrettanto e sceglie di dirlo senza infingimenti o mediazioni con le spalle coperte dai Salvini e dalle Meloni. l'Istituto Comprensivo Statale "via Trionfale" di Roma si autopresenta: "La sede di via Trionfale e il plesso di via Taverna accolgono alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto, mentre il plesso di via Assarotti, situato nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario, accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta, tra gli iscritti, il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana"... "Il plesso di via Vallombrosa, sulla via Cortina d'Ampezzo accoglie, invece, prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell'alta borghesia assieme ai figli dei lavoratori dipendenti occupati presso queste famiglie (colf, badanti, autisti, e simili)". Provate a sostituire la parola "alunni" con "clienti" e avete ottenuto una inserzione per un centro commerciale di quartiere. Il "mercato" a cui i presidi e i professori della scuola pubblica rivolgono il loro business e' quello dei "genitori", che non sono marziani ma cittadini ed elettori, con l'aggravante-scusante che si tratta del futuro (ansiogeno) dei loro figli e non di questioni socio-culturali. Chi puo' contestare la convinzione che il destino di apprendimento del proprio pargolo studente potrebbe essere minacciato o rallentato dalla presenza di soggetti deboli o ritardati? Chi osa contestare la convinzione dei vasi capillari, e cioe' che e' necessario garantire " un livello alto della classe " per garantire risultati di alto livello? E' inutile provare a scardinare queste convinzioni. Qualcuno potrebbe anche dirvi che e' d'accordo con chi sostiene i principi dell'integrazione scolastica e razziale ecc, ma solo a parole, per farvi piacere, se proprio insistete. Da Repubblica : ... Clara Rech, preside del Visconti di Roma, autrice di una delle autovalutazione censurabili, dice: "Pago un numero di battute limitate e un eccesso di sintesi: rettifichero' quel passaggio. Siamo stati onesti nel rappresentare un dato oggettivo: al Visconti ci sono pochi studenti stranieri e non abbiamo disabili. Volevo dire che la didattica ordinaria, cosi', e' piu' semplice: recuperare l'italiano di uno straniero, per esempio, chiede molte risorse e molto tempo. Anche da noi ci sono i figli degli operai e di chi fa i servizi a casa, Crediamo che tutti gli studenti debbano crescere insieme e crediamo nella multiculturalita'". Ma perche' non dichiarare invece che dovrebbero essere i figli dei ricchi a cercare di integrarsi con quelli dei poveri ? dal momento che e' ampiamente dimostrato che i bambini e i ragazzi delle famiglie povere o immigrate sono quelli che hanno meno vizi e piu' voglia di riscattarsi con la scuola? Se ci fossero scuole per "solo poveri" e quindi quelle per "solo ricchi", quali sceglierebbero gli spacciatori di droga per vendere la loro merce letale all'uscita degli studenti? Il figlio di Islam Mohamad, dipendente di un'azienda di trasporti, perche' dovrebbe subire le umiliazioni di un Franti qualsiasi che gli sventola sotto gli occhi l'ultimo modello di IPhone? disturbandolo mentre ascolta la lezione sull'Inferno di Dante? Qualcuno potrebbe sostenere che i professori di una scuola per solo poveri sarebbero in gran parte neolaureati senza esperienze e competenze di insegnamento, o soggetti marginalizzati e brutalizzati dagli studenti di scuole per soli ricchi. Ma chi ha detto che sarebbe uno svantaggio? magari hanno un bagaglio di umanita' e rispetto civile che altri presidi non valorizzano in questo avido e cinico "mercato" della scolarita'. E se proprio un genitore ricco volesse mandare suo figlio in una scuola "per solo poveri", dovrebbe dimostrare di meritarselo, di pagare le tasse, di non insultare gli esseri umani, di non pagare tangenti o non chiedere raccomandazioni per i suoi affari ecc . Evviva la scuola, per i solo poveri! ___________________ A sostegno di questa tesi, che potrebbe sembrare strampalata e provocatoria c'e' l'esempio di un precedente in cui l'attuale dirigente del IC via Trionfale, Annunziata Marciano, fece parlare per la prima volta di se', in una situazione totalmente capovolta. da LEGGO.IT : Ic Trionfale a Roma, chi e' la dirigente Annunziata Marciano: gia' nel 2008 si scontrava con il ministero Alla guida dell'istituto comprensivo di via Trionfale, che ha scelto di presentarsi fornendo descrizioni tanto dettagliate sul ceto sociale dei bambini, c'e' la preside Annunziata Marciano, dirigente scolastica di 59 anni: alle spalle ha una lunga carriera nelle scuole romane. La preside infatti e' gia' salita agli onori della cronaca per un caso mediatico e politico completamente opposto a quel che sta accadendo in via Trionfale: oltre dieci anni fa, infatti, era la dirigente scolastica della scuola elementare Carlo Pisacane di Roma, della zona periferica di Tor Pignattara. Era il 2008 e quasi il 90% dei bambini della Pisacane era di cittadinanza non italiana, in maggior parte bengalesi, rumeni e cinesi. Quell'anno in una prima elementare si iscrissero 36 stranieri e 3 italiani. Il caso divampo' in pochi giorni e venne ripreso tra le polemiche e gli attacchi politici. L'allora ministra all'istruzione Mariastella Gelmini, partendo proprio dal caso della Pisacane di Roma, decise di porre il tetto massimo di bambini stranieri per classe e furono inevitabili le reazioni infuocate dell'opposizione. In quel caso la preside Marciano difese con determinazione la sua scuola e i suoi bambini, la cui presenza in classe rispecchiava di fatto le comunita' del quartiere. La Pisacane divenne un modello di inclusione, visto che le poche famiglie italiane presenti a scuola decisero di restare, portando avanti progetti culturali che fecero bene all'intero quartiere. Per anni la Pisacane e' stata citata come esempio di vera ed effettiva integrazione. Due vicende decisamente discordanti. Nel caso della scuola Pisacane per "solo poveri" immigrati ha prevalso proprio quello che sostengo: sono i figli dei privilegiati che devono scegliere di volere il privilegio di un percorso formativo plurale e inclusivo, che li arricchisce anziche' impoverire, e non viceversa. Ma forse la Professoressa Annunziata Marciano avrebbe dovuto spiegarsi meglio: di qua la scuola per poveri, dove si studia e si impara a vivere, di la' quella per i ricchi che hanno solo intenzione di bulleggiare e perdere tempo ... Basterebbe rileggere il libro Cuore di De Amicis�