I numeri della pandemia di SARS-CoV-2, un anno dopo l'incendio planetario partito da Wuhan in Cina, descrivono un fenomeno inquietante, su cui dopo è possibile iniziare a fare dei raffronti senza cadere nelle trappole dei fattori stagionali e delle circostanze particolari.
Questo almeno dovrebbe essere il compito degli scienziati e dei team di ricercatori epidemiologi e matematici.
Vado sul sito della John Hopkins Unversity sul cui database ogni giorno sono riportati gli indici di tutti i paesi del mondo, numero di contagi accertati e decessi.
Basta scorrere l'elenco dei paesi sulla sinistra, ordinato per numero decrescente di contagi in valore assoluto e dividere quel valore per il numero degli abitanti di ciascun paese.
E' un calcolo che si può fare a mente, perchè sappiamo che grossomodo gli Stati Uniti, che guidano la classifica, hanno circa 330 milioni di abitanti e l'India, al secondo posto, ne ha 1.380 milioni.
E poi il Brasile al terzo posto e la Gran Bretagna al quarto.
L'Europa, intesa come area geografica, andrebbe calcolata tutta assieme, e si scoprirebbe che i numeri del Covid superano quelli degli Stati Uniti, ma con una popolazione globale maggiore, quasi 500 milioni.
Se gli indicatori della strage causata dal coronavirus fossero ponderati per la densità di popolazione, balzerebbe agli occhi un'evidenza di cui poco si discute: Covid 19 ha colpito essenzialmente l'Europa e l'America (Stati Uniti e America Latina).
L'Asia che da sola conta ormai i due terzi della popolazione planetaria e da cui il virus ha iniziato a diffondersi, pesa per meno di un sesto dei decessi mondiali e l'Africa, povera e dimenticata, è fuori dalle cronache pandemiche con l'eccezione del moderno Sudafrica, che comunque conta la metà dei morti e dei contagiati rispetto all'Italia.
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da Al Jazeera: Esperti perplessi per il drammatico calo dei casi di coronavirus in India
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Tenere conto della densità abitativa non è facile e conduce a degli errori grossolani.
Esistono paesi come appunto il Sudafrica o la Russia la cui densità assoluta è bassa, solo perchè hanno un'estensione territoriale molto grande e una popolazione che vive concentrata soprattutto in alcune città.
A vista d'occhio si capisce che confrontare l'Europa, dove mediamente viviamo ammassati l'uno su l'altro, con la Russia che può "distanziarsi" dagli Urali al Pacifico, ha poco senso. Sarebbe più serio confrontare i morti di Covid a Mosca con quelli di Londra, Milano, Parigi o Berlino, per scoprire una tragica omogeneità.
Ormai anche i negazionisti dicono che la diffusione del coronavirus è legata principalmente al tasso di mobilità delle persone nell'unità di spazio/tempo. Più le persone si muovono in spazi ristretti e con maggiore velocità, più cresce il rischio di diffusione e contagio. Sono le condizioni che si riscontrano in tutti i grandi ammassi urbani, con alcune eccezioni... che non confermano la regola. Tokyo ad esempio, o New Delhi, o Singapore.
Faccio il raffronto tra Roma, densità di popolazione pari a 2.165 /Km2 e Singapore, densità 7.681/Km2. Quest'ultima ha avuto meno di 60.000 contagi e solo 29 (ventinove) decessi. Roma più di 150.000 e di 3000 morti.
Se qualcuno è in grado di spiegare questa differenza lo faccia, per favore. Tecnologia e organizzazione possono solo in parte fornire una risposta, e nemmeno l'età media della popolazione, che viene indicata come fattore di mortalità, soprattutto per gli over 70, non spiega ad esempio il caso di Tokyo e del Giappone in generale, dove la popolazione è più anziana di quella Europea ma il tasso di mortalità è molto più basso.
L'efficienza dei sistemi sanitari avrebbe dovuto avvantaggiare l'Europa, dove la spesa per welfare sanitario è la più alta nel mondo, a confronto con quella dell'India o del Bangladesh.
Come spiegare la differenza tra i numeri della pandemia registrati in Senegal con quelli della Gran Bretagna, del Texas o della Florida ?
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da Africa
La preannunciata ecatombe da Covid-19 in Africa non c’è stata. Alcuni Paesi, e il Senegal è tra questi, hanno saputo gestire la pandemia in maniera particolarmente efficace. In Senegal, le scelte fatte soprattutto ad inizio pandemia si sono rivelate fondamentali perché pensate rispetto al contesto sociale, culturale, economico del paese. Questo ha permesso di contenere la diffusione del virus e, al contempo, di non far collassare un’economia ancora fragile. La seconda ondata però è arrivata anche qui. E con lei un nuovo stato d’emergenza, e il coprifuoco dalle 21 alle 5 del mattino. In attesa che il vaccino diventi una realtà anche qui, permangono l’obbligo dell’uso della maschere protettive nei luoghi e nei trasporti pubblici; il divieto di assembramenti e il tampone obbligatorio per chi entra nel paese.
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La tragedia sanitaria e socio-economica dell'America e dell'Europa stenta a trovare una spiegazione, e non credo che ce ne sia una sola e di facile individuazione.
Ho già espresso la mia perplessità nei confronti di una strategia che ha puntato quasi tutto sui vaccini e, nell'attesa che questi fossero prima disponibili e poi inoculati alla maggior parte della popolazione, ha adottato mezze misure, mezzi lockdown che hanno fermato la crescita esponenziale ma non hanno fatto scomparire il coronavirus, consentendogli di restare latente e attivo.
Ed ora, la comparsa prevedibile delle varianti, più aggressive e forse in grado di aggirare i vaccini già pronti, rende ancora più drammatiche le scelte da fare.
Nuovi lockdown e restrizioni, sapendo che la pazienza delle popolazioni è al limite, oppure correre il rischio di riaprire tutto contando su fattori stagionali e sui vaccini che verranno?
Qualsiasi sarà la risposta a questo dilemma, resta da spiegare, a futura memoria e per dovere di verità, perchè le popolazioni dei paesi occidentali più o meno ricchi, se la passano peggio - relativamente al Covid - di quelli più poveri.
Forse è tempo di ripensare la cultura della medicina e dei sistemi sanitari come business assistenziale e farmaceutico. Una medicina concentrata nelle grandi strutture ospedaliere iperspecializzate che è stata travolta dallo tsunami della pandemia di Covid che, si scopre solo adesso, poteva essere arginato con protocolli medici diffusi a livello di medicina di base.
Solo dall'inizio di dicembre 2020 hanno iniziato a circolare anche sui mass media dei protocolli medici di semplice applicazione per coloro che manifestavano i primi sintomi di contagio, anti-infiammatori, anticoagulanti e antibiotici che in molti casi hanno quasi azzerato la mortalità e ridotto i ricoveri in terapia intensiva. Molti di questi protocolli non sono autorizzati ufficialmente ma vengono praticati con successo dai medici e da strutture ospedaliere.
E' opinione di molti ricercatori che in India e in gran parte dei paesi asiatici, il ricorso forzato alla medicina tradizionale di base, in mancanza di strutture più all'avanguardia ma elitarie, ha contribuito ad alleviare gli effetti del contagio in condizioni socio-sanitarie ben più drammatiche, ben rappresentate dalle traversie di milioni di "migrant workers" ovvero gli schiavi moderni.
Un secolo fa la "spagnola" che altro non era che una variante di cornovirus, provocò milioni di morti, quasi tutti nell'Europa, trasportata dalla guerra e dai primi fenomeni di urbanizzazione massiccia. Fece 600 mila morti negli Stati Uniti, dove era stata trasmessa dai soldati americani rientrati dal fronte europeo e dai mercanti che viaggiavano. Non si hanno notizie del resto del mondo, all'epoca colonizzato o sconosciuto.
Dopo cento anni il coronavirus è ritornato fare strage, risvegliato dalle caverne di pipistrelli cinesi o da qualche altro accidente.
Ha trovato un mondo profondamente diverso da quello dei virus predecessori.
Un mondo sicuramente più evoluto e più attrezzato per combatterlo.
Nei paesi occidentali la quasi totalità della cura della salute è affidata principalmente ai farmaci o alla chirurgia, e questo ci consente mediamente di vivere più a lungo, con un diffuso benessere ma in una condizione particolare di equilibrio precario basato sulla continua assunzione di farmaci e cure più che su uno stato di salute effettiva e autonoma.
L'equilibrio precario di sopravvivenza garantito dalla medicina moderna e da un'idea di benessere sempre più artificiale e lontano dalla natura è stato messo in crisi dall'esplosione della pandemia e per questo nelle Americhe e nell'Europa la mortalità degli anziani si è manifestata tragicamente maggiore che in altre zone del mondo.
Viviamo mediamente di più e anche mediamente meglio, ma dovremmo prendere atto e riflettere sul perché questa medicina non ci ha difeso dal Covid, che si potevano fare scelte diverse che non sono state fatte e che un sistema basato su un rimedio unico e accentrato come quello dei vaccini ci renderà sempre più dipendenti e fragili di fronte a minacce multiformi e quotidiane.
Che non sono solo quelle dei virus ma anche quelle delle multinazionali farmaceutiche in grado di ricattare o condizionare governi e masse. "Mi faccio il vaccino così posso fare quello che voglio" è un'illusione che molti hanno contribuito e stanno contribuendo a far crescere.
Non basterà farsene uno solo e una tantum.
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https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7204691/
Time to realise the true potential of Ayurveda against COVID-19
Mahaveer Golechha
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