Domenica 5 maggio Donald Trump annuncia un aumento dei dazi doganali sulle importazioni cinesi fino al 25% (ora al 10%). I mercati azionari di tutto il mondo crollano e Wall Street apre in perdita di 500 punti. Poi nel pomeriggio di lunedi' qualcuno fa filtrare la notizia che la minaccia di Trump sarebbe solo una mossa negoziale, una tattica per costringere la controparte ad accettare le condizioni di un accordo piu' favorevole agli americani, un'ipotesi che i cinesi non smentiscono e avvalorata anche dal fatto che il previsto incontro tra le delegazioni dei due paesi non sarebbe stato cancellato. Wall Street recupera quasi tutte le perdite e chi il giorno prima aveva avuto la soffiata (perche' il finanziere Robert Mercier avrebbe donato tanti soldi per la campagna elettorale di Trump?) realizza guadagni favolosi sia con le vendite allo scoperto sia con il riacquisto. Sembra l'ennesima replica di un film gia' visto negli ultimi due anni: Trump abbaia, tutti in un primo momento si agitano e si spaventano, poi capiscono che fa parte del gioco, business as usual, con cui il biscazziere punta all'unico vero obbiettivo, cioe' la rielezione nel 2020. La guerra commerciale con la Cina e' un terreno a lui favorevole: chi puo' negare l'enorme sproporzione (4 a 1) tra l'export cinese e quello USA ? Qualsiasi sfidante del partito democratico sarebbe costretto ad ammettere le buone ragioni di Trump, che cosi' si erge a paladino degli operai e degli agricoltori. Nella guerra dei dazi chi ha piu' da perdere e' Xi Jinping che quindi sara' costretto a fare concessioni, ma una volta trovato l'accordo tutti potranno brindare al nuovo inizio della globalizzazione modello Trump. L'ipotesi e' molto verosimile ma ci sono vari elementi che smentiscono la capacita' dell'amministrazione americana di realizzare strategie lungimiranti e vincenti. Una riprova dei tanti dubbi che circondano le iniziative americane si e' avuta in Venezuela, con il fallito "tentativo" di Guaido' di esautorare Maduro con l'appoggio dei vertici militari. Sia il Segretario di Stato Mike Pompeo (ex capo CIA) sia Bolton (capo dello staff presidenziale) avevano creduto alle informazioni segrete su un ribaltone guidato dal Ministro della Difesa venezuelano e da alcuni generali dell'Esercito, informazioni rivelatesi infondate che hanno lasciato Guaido' e le opposizioni al regime Maduro piu' isolate e indebolite. Altro che strategia e lungimiranza, lo stallo venezuelano (nel cortile degli Stati Uniti) e' la prova tangibile di una mistura di arroganza e improvvisazione che finisce con il danneggiare maggiormente gli interessi americani. Anche le minacce e le sanzioni nei confronti dell'Iran sembrano andare nella stessa direzione. Da un lato Trump chiede un netto ribasso del prezzo dei prodotti petroliferi - il costo del gallone di benzina e' uno degli spot piu' importanti per una campagna elettorale - temendo che un rialzo possa danneggiare l'economia, dall'altra mette sanzioni e divieti all'export di petrolio sia del Venezuela che dell'Iran, quindi provocando una riduzione dell'offerta globale. Per non parlare delle decisioni contraddittorie (o scellerate) nel Medio Oriente e in Afghanistan e dei gesti "simbolici" contro immigrati e musulmani con cui Trump riesce ad accendere focolai di odio in tutto il mondo. Anche Xi Jinping si sta chiedendo se Trump abbaia ma non morde o se davvero vuole scatenare una "guerra di civilta'" per l'egemonia globale, seguendo i consigli di Bannon, Bolton e Bolsonaro. L'editoriale di oggi di Global Times - interprete del pensiero del boss cinese - si intitola "Calmness is the best response to US' fluctuation in trade talks" e termina con ovvie considerazioni: "China is a big and booming market, not one the US can easily give up. The trade war is a lose-lose process, which is a law of economics. It is our essential strategy to make China's own affairs as good as possible. China's economic prospects should and must be in Chinese people's own hands." Se dovessi azzardare una previsione, credo che il boss cinese lascera' che il lupo Trump abbai alla Luna, in attesa che tramonti.