Ci sono tanti segnali (e molte situazioni a contorno) che fanno presagire una svolta positiva nella infinita tragedia di Gaza.
Hamas ha dichiarato la propria disponibilità ad accettare le condizioni di un accordo di "cessate il fuoco" per 60 giorni che dovrebbe consentire il rilascio di quasi tutti gli ostaggi (10 vivi e 20 morti) in cambio di un gruppo di prigionieri nelle carceri israeliane e di un arretramento parziale delle truppe israeliane che occupano più del 75% del territorio di Gaza.
L'accordo sarebbe stato già accettato da Netanyahu che lo ufficializzerà durante il prossimo incontro del 7 luglio con Trump a Washington.
Giovedì sera Hamas ha annunciato che sta tenendo delle consultazioni con le fazioni palestinesi in merito a una proposta di cessate il fuoco presentata dai mediatori nella Striscia di Gaza e che annuncerà la sua decisione finale una volta completate le consultazioni.
Hamas ha confermato che "sottoporrà la decisione finale ai mediatori (Qatar e Egitto) una volta concluse le consultazioni e la annuncerà ufficialmente".
Mercoledì Hamas aveva dichiarato che stava conducendo intense consultazioni sulle proposte ricevute dai mediatori, con l'obiettivo di raggiungere un accordo per la fine della guerra a Gaza, "il ritiro delle forze di occupazione dalla Striscia e il sollievo del popolo palestinese".
Nella realtà, Hamas sta negoziando le condizioni di una resa "onorevole" alla luce degli sviluppi più recenti, soprattutto dopo la guerra dei 12 giorni tra Israele e Iran con la partecipazione delle superbombe di Trump.
La resa di Hamas si desume anche dalle posizioni più defilate assunte dal Qatar, storico protettore e finanziatore del movimento islamista palestinese.
Il Qatar non ha più margini e convenienza a supportare Hamas e cerca da diverso tempo una via "onorevole" per risolvere la crisi degli ostaggi israeliani nelle mani delle milizie e l'avvio di un processo di ricostruzione di Gaza a guida araba ma con il placet sia di Israele che degli Stati Uniti.
Dopo la guerra Israele-Iran il Qatar si è offerto ancora di più per recitare un ruolo di pressione su Hamas.
Il Qatar ritira le armi personali dai leader di Hamas a Doha. Il Times rivela i dettagli.
Il Times di Londra ha riferito che ai principali leader di Hamas residenti nella capitale del Qatar, Doha, è stato chiesto di consegnare le proprie armi personali nell'ambito degli sforzi per raggiungere un accordo di cessate il fuoco.
Tra i leader a cui è stato chiesto di consegnare le armi c'erano Khalil al-Hayya, capo del team negoziale del movimento; Zaher Jabarin, funzionario finanziario del movimento e responsabile del dossier della Cisgiordania; e Muhammad Ismail Darwish, noto come "Abu Omar Hassan", che presiede il Consiglio della Shura del movimento e guida delegazioni politiche in paesi come la Turchia e l'Iran.
Khalil al-Hayya, responsabile della negoziazione dell'accordo sullo scambio di prigionieri, temerebbe per la sua vita dopo che il ministro della Difesa israeliano Yisrael Katz avrebbe lanciato una velata minaccia nei suoi confronti, insinuando che potrebbe essere il prossimo sulla lista degli assassini israeliani.
Fonti vicine ad Al-Hayya hanno indicato che le sue preoccupazioni si riflettevano nella sua posizione sui negoziati, poiché ha recentemente espresso la volontà di accettare l'ultima bozza di accordo e ha abbandonato le posizioni che il movimento aveva da tempo mantenuto, in particolare il rifiuto di un cessate il fuoco temporaneo e l'insistenza su un accordo globale. Secondo le stesse fonti, la richiesta del Qatar di consegnare le sue armi personali e quelle dei suoi compagni ha acuito il suo senso di pericolo e aumentato la probabilità che accettasse l'accordo proposto.
Il messaggio dal Qatar è chiaro e forte, e si somma a quello registrato nelle stesse ore da parte dell'istituzione palestinese più importante, l'Autorità Nazionale Palestinese ANP guidata da Mahmoud Abbas.
I media israeliani riferiscono che il presidente Abbas ha firmato un documento ufficiale che include una serie di cambiamenti radicali al sistema palestinese: l'annullamento degli stipendi dei prigionieri, l'integrazione della storia dell'occupazione nei programmi scolastici palestinesi, elezioni per coloro che riconoscono gli accordi di Oslo e l'esclusione di Hamas dal futuro processo politico.
La resa di Hamas farebbe parte anche degli argomenti in discussione durante incontri segreti tra Iran e USA in merito al programma nucleare di Tehran dopo i bombardamenti israeliani e americani ai siti di arricchimento dell'uranio e la decimazione dei vertici militari iraniani.
E' evidente che dopo le pesanti perdite subite dal regime degli ayatollah, per Hamas è venuto meno l'impegno dell'alleato più potente. L'Iran non è più in grado di garantire appoggi militari e politici al gruppo armato palestinese nè di sostituire l'appoggio finanziario del Qatar nel momento in cui verrà meno.
Ci sono tutte le condizioni per costringere Hamas a rilasciare gli ostaggi ancora nelle sue mani, deporre le armi e trattare i salvacondotti per i vertici dell'organizzazione ancora nascosti nella martoriata Striscia.
La presenza di alcune migliaia di miliziani di Hamas a Gaza continua ad essere il pretesto più utile ad Israele per compiere crimini gratuiti e imporre un regime di fame e terrore a tutta la popolazione gazawi stremata da 20 mesi di bombardamenti, oltre i limiti della disumanità.
Senza più nemmeno il pretesto della presenza armata di Hamas, Israele dovrà ritirare le truppe dalla Striscia, consentire l'ingresso di aiuti umanitari in quantità sufficiente e creare le condizioni per un passaggio di poteri verso un'amministrazione palestinese e araba di Gaza, per consentire la ricostruzione e la fine dell'immane tragedia subita dopo il 7 ottobre 2023.
Senza Hamas e senza Israele.
i. fan.
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Date Created: 04/07/2025 05:36:26