L'America ha commemorato l'assassinio di Charlie Kirk in un delirio religioso da far invidia ad una repubblica islamica.
Il nome di Dio e Gesù è stato ripetuto migliaia di volte in poche ore, in un crescendo finale interpretato da Donald Trump che con grande ipocrisia si è dimenticato della sua lunga frequentazione di Jeffrey Epstein per celebrare il ritornello Dio, Patria, Famiglia tanto caro alla destra mondiale.
Nelle stesse ore in America a New York si è svolta un'altra cerimonia, quella dell'Assemblea annuale delle Nazioni Unite che quest'anno, il secondo anno del genocidio di Gaza, è monopolizzato dal conflitto scatenato il 7 ottobre 2023 da Hamas e sfociato nella resa dei conti cercata da decenni da Netanyahu per eliminare fisicamente e politicamente la questione palestinese.
La celebrazione di New York è stata accompagnata dalle previste dichiarazioni di numerosi paesi per il riconoscimento giuridico e diplomatico dello Stato di Palestina, un evento che avevano eluso o rinviato per decenni che ha trovato una realizzazione formale importante dopo che tutto il mondo è stato costretto ad assistere alle stragi, ai crimini e alle malvagità di Israele contro i palestinesi di Gaza e di Cisgiordania.
Lo Stato di Palestina è stato proclamato nel 1988.
Da allora, il riconoscimento internazionale è avvenuto in tempi diversi, con una progressione che riflette cambiamenti politici e diplomatici a livello globale. Negli anni Ottanta, numerosi Paesi arabi e africani hanno riconosciuto lo Stato palestinese poco dopo la sua fondazione. Negli anni Novanta, altri Stati, soprattutto in Asia e America Latina, hanno seguito la stessa strada. Nei primi anni 2000, il sostegno si è ampliato ulteriormente, includendo nazioni europee dell’Est e alcuni Paesi africani. Negli anni 2010, con il rafforzamento della rappresentanza palestinese presso le Nazioni Unite, il riconoscimento è cresciuto ancora, coinvolgendo Stati come Svezia e Islanda. Negli ultimi anni, alcuni Paesi hanno rinnovato o dichiarato ufficialmente il proprio riconoscimento.
Oggi in Italia alcune organizzazioni sindacali di sinistra hanno convocato uno sciopero generale per porre fine al genocidio a Gaza e riconoscere lo Stato di Palestina. I sindacati maggiori della sinistra lo avevano fatto separatamente e pigramente nei giorni precedenti.
Il governo italiano di Giorgia Meloni - che latita indecentemente sulla questione palestinese e sullo sterminio di Gaza - non si farà certo mettere fretta dalle manifestazioni popolari di oggi.
Interpreta e gioca sulle divisioni e sulla paura che la sinistra ha di essere confusa con "quelli di Hamas", che nei cortei hanno qualche scemo che scimmiotta, ma nell'opinione pubblica sono chiaramente isolati ed emarginati.
La titubanza della sinistra di Schlein sul mettere in campo un vero e ampio movimento per la Palestina garantisce al Governo Meloni di rinviare la questione con la scusa ipocrita che "i tempi per il riconoscimento dello Stato di Palestina non sono maturi" e chi lo fa, cioè quasi tutta l'Europa con l'assenza ingiustificata di Germania e Italia, favorirebbe solo gli estremisti di ambo le parti.
E' uno schema dettato dall'amministrazione Trump agli alleati più fedeli o contigui, come appunto il governo di destra di Giorgia Meloni.
Se invece il governo Meloni si unisse agli altri paesi europei, trascinandosi anche la Germania, la pressione internazionale potrebbe convincere gli israeliani a non perseguire la strategia genocida e porre fine ai crimini. Nessuno si illude che sia facile o immediato, ma questo processo è l'unico che può davvero salvare la Palestina e i palestinesi.
La posizione attendista e sottomessa del governo italiano nei confronti di Israele e Netanyahu meriterebbe da parte dei progressisti un atteggiamento più fermo e determinato, mentre invece le dispute interne indeboliscono e confondono l'opinione pubblica.
Per quale motivo alcuni scioperano un giorno e altri il giorno dopo?
Perché i primi sono troppo moderati, i secondi troppo estremisti, pur essendo entrambi schierati contro il genocidio e a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina?.
I primi - espressione dei partiti di centrosinistra guidati dalla Schlein - sono per la soluzione 2 Stati (Israele e Palestina) per 2 popoli, cioè la possibilità di far convivere tra il fiume e il mare due entità storiche, religiose, culturali, che si combattono da millenni.
I secondi ripetono uno slogan ambiguo che echeggia l'idea di un solo Stato palestinese "tra il fiume e il mare", distruggendo Israele.
La stragrande maggioranza dell'opinione pubblica italiana, e credo mondiale, in questo momento non si appassiona né capisce le differenze semantico-politiche, ed è invece preoccupata di garantire un futuro alla popolazione palestinese nella loro terra di Gaza o Cisgiordania, e di mettere fine al massacro, al genocidio e alla folle idea che avanza da Tel Aviv a Washington sulla deportazione dei palestinesi fuori dalla loro storia millenaria.
Se ci si mette a discutere sulle ragioni di chi è convinto della soluzione dei due Stati contro quelle di chi vorrebbe cacciare gli ebrei e distruggere Israele, la solidarietà politica verso i palestinesi va a farsi benedire altrove e il governo Meloni avrà buone ragione per attendere altri decenni prima di prendere una decisione a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina.
Che, è bene ricordarlo, non è una mossa propagandistica, estemporanea e una forzatura contro le vie diplomatiche - che tra l'altro non esistono in questo momento.
Il riconoscimento dello Stato di Palestina è una via diplomatica concreta e reale - a cui hanno aderito 150 paesi rappresentati alle Nazioni Unite - una via immediata ed efficace per creare pressione su Israele, e sugli Stati Uniti, sulle forze politiche e sull'opinione pubblica israeliana affinché mettano in cima alla loro agenda la necessità di porre fine al genocidio, di negoziare il rilascio degli ostaggi e di garantirsi la sicurezza.
L'amara riflessione di Limor Livnat che testimonia l'isolamento e la sconfitta di Israele
Ecco come Netanyahu ha fondato lo Stato palestinese.
Negli ultimi due anni, il primo ministro israeliano ha commesso ogni possibile errore, è riuscito a perdere il sostegno del mondo dopo il massacro.
Il mondo era con noi. Il 7 ottobre 2023, i leader mondiali ci hanno sostenuto. Alcuni sono venuti in Israele e sono rimasti scioccati dai massacri di Hamas. Altri hanno proiettato o guardato il video delle atrocità. L'immediata partenza delle IDF per proteggere i cittadini israeliani era evidente a tutti: era una guerra difensiva, una guerra senza alternative. Ma più la guerra si protraeva, più Hamas riusciva a rialzare la testa dalle macerie e a condurre una campagna di propaganda di successo contro di noi. Mentre "Mr. Sicurezza" e "Mr. Informazione" fallivano in sicurezza e non istituivano alcun sistema di informazione, il mondo ci ha voltato le spalle.
Netanyahu ha trascinato la guerra all'infinito, dopo due anni la fine non è in vista, solo per mantenere il suo potere, di fronte alla minaccia che Ben Gvir e Smotritz "sciolgano" la sua coalizione.
Nel frattempo, siamo diventati lebbrosi agli occhi del mondo: nella cultura, nello sport, nell'arena politica.
Di fronte alle immagini dell'orrore di Gaza che vengono proiettate in tutto il mondo, nessuno si chiede più "chi ha iniziato" - siamo visti come i forti che abusano dei deboli, donne e bambini che muoiono di fame. I rapiti? Solo Trump è interessato a questo, e persino lui lo è meno.
...
Netanyahu, prenditi un momento per guardarti intorno: ti stai chiudendo sempre di più. Sicuro come i dittatori del Sud America o della Corea del Nord. Non riesci a guardare negli occhi le famiglie dei rapiti – dopotutto, fino a poco tempo fa tu e "mia moglie, la psicologa Sarah", li incontravate raramente. Facevi promesse, assicurandoti allo stesso tempo di sabotare qualsiasi accordo di rapimento fosse in programma. Ora sono arrivati alla tua porta in Gaza Street, e in risposta hai ordinato che vengano erette enormi recinzioni di filo spinato e tela di iuta per non vederli o sentire le loro voci, Dio non voglia. Pensi che ignorandoli, anche il problema scomparirà?
È così che gestisci anche lo tsunami politico, il riconoscimento di uno Stato palestinese da parte dei paesi del mondo, i boicottaggi internazionali, pensando che se li ignori, tutto questo scomparirà.
Ecco, è così. No, niente scomparirà. Il danno che hai causato non scomparirà da solo. Per farlo scomparire, devi essere sostituito.
A Capodanno (ebraico) non ci resta che sperare che sarai tu a sparire dal potere nell'anno che ci attende, quello migliore.
Limor Livnat è una ex-ministra di precedenti governi Netanyahu.
Cosa aspetta Giorgia Meloni a riconoscere lo Stato di Palestina?
Perché Gaza non sarà mai una bonanza immobiliare nonostante Trump
Secondo il criminale israeliano Smotrich "Gaza è una bonanza immobiliare" da spartire con Trump dopo aver eliminato i palestinesi. E' un'idea disumana e falsa anche da un punto di vista finanziario perché Israele è in guerra contro il genere umano
Genocidio Gaza Israele Netanyahu Donald Trump PalestinaCentinaia di morti nella notte di Gaza City sotto le bombe di Israele
A Gaza City nella notte l'esercito israeliano scatena un inferno contro decine di migliaia di palestinesi intrappolati tra le macerie. E' probabile che in poche ore siano morti centinaia di civili innocenti.
Netanyahu sempre più isolato nel mondo si aggrappa a Trump. Commissione ONU accusa Israele di genocidio
Genocidio Gaza Israele Netanyahu Hamas Palestina Donald TrumpStrage a Gerusalemme apre la campagna elettorale di Netanyahu
Attentato terroristico a Gerusalemme Est, 6 israeliani uccisi 21 feriti, i 2 attentatori venuti dalla Cisgiordania uccisi. Netanyahu e Ben Gvir aprono la campagna elettorale con una strage che puzza di Mossad
Israele Terrorismo Netanyahu Genocidio Gaza Palestina
i. fan.
Key1: Stato di Palestina keywords:
Date Created: 22/09/2025 09:19:15