L'agonia del Movimento 5 Stelle preoccupa tutti, tranne che il suo fondatore, o padre-padrone, Beppe Grillo. Quando stava per trovare un pazzo temerario che si accollasse l'onere di ricostruire il Movimento, Grillo ha pensato bene di eliminarlo perché minacciava di oscurare la sua figura e il suo ruolo.
Come tutti i dittatori, Grillo ha un'unica ossessione: sopravvivere all'evidenza del declino, attaccato al potere conferitogli dall'idea malsana che il Movimento è una sua creatura e nessuno può portarglielo via. La politica trasformata, come spesso accade, in "cosa nostra" anzi "mia".
Per rendersene conto basta leggere il farneticante blog in cui afferma che Conte non ha visione politica ...
Un'ossessione che servirà a Beppe Grillo per giocare ancora un pò a fare lo stratega, il generale di un esercito ormai sbrindellato e in fuga, ma che non ha alcun seguito nel mondo reale.
La consistenza elettorale del Movimento 5 Stelle è in costante declino, più che dimezzata rispetto al voto del marzo 2018.
La compagine parlamentare, tra defezioni e allontanamenti, si è assottigliata sempre di più. 59 deputati su 221 alla Camera, 37 senatori su 112 al Senato, sono passati in gran parte al gruppo Misto, o al centrodestra.
Tra quelli rimasti serpeggia rabbia, malcontento o imbarazzo per le sortite che Grillo fa di testa sua scaricandone però gli effetti devastanti sul movimento.
Come nel caso della difesa del comportamento del figlio accusato di aver stuprato una ragazza "perchè era consenziente". O del vantarsi, durante la trattativa per la formazione del governo Draghi, della nomina del ministro per la transizione ecologica Cingolani, rivelatosi poi un maneggione filonucleare.
Quel che resta del Movimento 5 Stelle, sia in Parlamento che nella società civile, ha sopportato pazientemente gli ultimi colpi di testa di Grillo nella speranza che poi sarebbe arrivato Giuseppe Conte a rimettere in piedi la baracca.
Anche questa è stata più un'illusione che una fondata speranza, come si era capito dalla meschina diatriba con Casaleggio figlio attorno agli elenchi degli iscritti su Rousseau.
Il tempo degli equivoci è finito, Giuseppe Conte ha deciso di non fare il maggiordomo di un Beppe Grillo fuori di testa e il dittatorucolo 5 stelle si è ripreso il suo giocattolo con cui milioni di italiani avevano giocato a far politica per un paio d'anni, prima che il giocattolo si rompesse definitivamente.
Come ogni verità vera, per quanto spiacevole, anche la conclusione dell'esperienza Cinque Stelle è un fatto positivo perché consente di fare chiarezza e di smetterla con le finzioni motivate da qualche gioco di potere.
Il Movimento Cinque Stelle è morto ucciso dal suo padre-padrone, come si legge sul blog di Grillo, oltre che dalle mutate circostanze che lo avevano visto trionfare nel recente passato.
Per paradosso, quelli che oggi si schierano più o meno velatamente con Beppe Grillo (e contro Giuseppe Conte) sono i più fervidi sostenitori del governo Draghi, al quale ha fatto comodo avere come interlocutore del principale gruppo parlamentare un piccolo despota in cerca di sopravvivenza e applausi, facilmente manipolabile.
Se la crisi del Movimento Cinque Stelle dovesse determinare nuovi rapporti di forza numerica in Parlamento con la nascita di un gruppo che faccia riferimento a Giuseppe Conte, si complicherebbe non solo il percorso del governo Draghi ma anche l'elezione del Presidente della Repubblica prevista a febbraio del 2022.
L'establishment preferisce un M5S moribondo a guida Grillo piuttosto che trattare con un Conte in cerca di rivincite.
Inutile chiedersi poi se gli elettori del Movimento Cinque Stelle hanno chiari i motivi del dissidio tra Grillo e Conte. La risposta ovvia è no, nessuno se lo spiega ma soprattutto nessuno ha voglia di capirci qualcosa.
Se litigano, sono fatti loro, tanto c'è sempre il partito dell'astensione in cui rifugiarsi.