Netanyahu Vuole la "Battaglia di Rafah", Sinwar Lo Accontenterà, o Viceversa


i.fan. - 27 Aprile 2024 - aggiornato il 28/04/2024 20:18:12

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La "Battaglia di Rafah" sarà un'altra strage di palestinesi

  • Il 29 aprile Hamas-Sinwar darà la risposta alla proposta di mediazione dell'Egitto per il rilascio di circa 30 ostaggi
  • Il capo di Hamas a Gaza Yahya Sinwar non vuole che la sorte di Rafah sia collegata alle trattative per il rilascio degli ostaggi israeliani e si dice pronto alla "Battaglia di Rafah" dove Netanyahu non aspetta altro per fare una carneficina



Il 29 aprile una delegazione di Hamas al Cairo guidata da Khalil al-Hayya dovrebbe esprimersi sulla proposta di mediazione formulata dall'Egitto per il rilascio di circa 30 ostaggi nelle mani dei terroristi in cambio di un "cessate il fuoco" prolungato e la liberazione di alcune centinaia di prigionieri palestinesi detenuti in Israele.

Fonti di Hamas fanno sapere che la proposta egiziana di una tregua a Gaza è stata sottoposta al parere di Yahya Sinwar, sottolineando di essere in attesa di una risposta entro pochi tempo.

Ben G'vir e Smotrich, capi dell'estrema destra che appoggia Netanyahu, hanno dal canto loro minacciato di uscire dal governo nel caso in cui l'accordo preveda la sospensione dell'attacco israeliano a Rafah.

Parlano per se stessi o esprimono l'opinione di Netanyahu?


Nei media vicini ad Hamas e alla Jihad palestinese circolano versioni contrastanti sulle reali intenzioni di ciò che resta delle milizie di Gaza. Secondo alcuni sarebbero disponibili ad accettare una soluzione che preveda lo scambio degli ostaggi per alcune settimane di tregua, altri pensano a far passare più tempo possibile prima che l'IDF scateni l'inferno su Rafah, dove sono ammassati in condizioni disastrose un milione e mezzo di palestinesi sfuggiti ai precedenti bombardamenti.

L'unico ostacolo che ormai si frappone tra l'assalto degli israeliani e gli accampamenti dei rifugiati è il tentativo della diplomazia di Joe Biden - sotto la pressione dei movimenti anti-sionisti in tutto il mondo - di fermare Netanyahu e impedire un eccidio che aggraverebbe l'esplosione della rabbia internazionale anche contro gli USA.


Circolano voci e segnali contrastanti su quanto sta accadendo a Gaza e ai tavoli delle trattative - perché ce ne è più di uno - per la liberazione degli ostaggi israeliani (quelli sopravvissuti) ancora nelle mani di Hamas.

Le voci parlano di divergenze tra i leader politici (quelli sopravvissuti) di Hamas all'estero - in Qatar, Libano, Turchia - e quelli militari - Yahya Sinwar e Mohammed Deif - rimasti nascosti in qualche tunnel di Gaza o fuggiti nei nascondigli ipersegreti protetti da Hezbollah.

Ad alimentare le ipotesi di uno scontro dentro Hamas ci sono due messaggi cifrati circolati tra la Turchia e l'Egitto.

Quello proveniente dalla Turchia è opera di un esponente di spicco di Hamas, Khalil al-Hayya, che da Istanbul ha fatto dichiarazioni che lasciavano sperare in una svolta profonda da parte di Hamas sia per la liberazione degli ostaggi sia per un assetto politico più stabile per gestire la fine della guerra.

Khalil al-Hayya avrebbe detto che Hamas sarebbe disponibile a deporre le armi e a trasformarsi in un partito politico se uno stato palestinese indipendente fosse stato stabilito sui confini del 1967 nel quadro dell'ipotesi di "Due Stati per Due Popoli" da raggiungere grazie ad una tregua di 5 anni.

I media israeliani riportano:


L'alto funzionario di Hamas, Khalil al-Hayya, ha dichiarato giovedì in un'intervista all'Associated Press (AP) che l'organizzazione terroristica è pronta ad accettare un cessate il fuoco di cinque anni e a disarmarsi se verrà stabilito uno stato palestinese indipendente entro i confini precedenti al 1967.

Al-Hayya è il vice presidente di Hamas a Gaza.

Mercoledì, al-Hayya ha detto ad Al-Aksa TV che Hamas ha mantenuto la sua richiesta che un accordo sugli ostaggi includesse un cessate il fuoco permanente.
All'AP, Al-Hayya ha aggiunto che Hamas è interessata a ricevere "uno Stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e il ritorno dei rifugiati palestinesi in conformità con le decisioni internazionali".

"Tutte le esperienze dei gruppi che hanno combattuto contro gli occupanti, quando sono diventati indipendenti e hanno ottenuto i loro diritti e il loro paese, cosa hanno fatto queste forze? Sono diventati partiti politici e le loro forze combattenti protettive sono diventate l'esercito nazionale", ha aggiunto.


Come promemoria, un alto funzionario di Hamas ha detto a The New Arab mercoledì sera che il leader dell'organizzazione terroristica, Yahya Sinwar, è recentemente uscito dai tunnel in diverse occasioni e ha incontrato persone nella zona.

Sinwar non è isolato
"Sinwar non è isolata dalla realtà, nonostante la guerra in corso e le operazioni di intelligence israeliane che non si fermano per tutto il giorno. La discussione sul suo isolamento nei tunnel non è altro che una pretesa da parte di Netanyahu di coprire il suo fallimento nel raggiungere gli obiettivi annunciati all'opinione pubblica israeliana e ai suoi alleati. Sinwar svolge il suo lavoro come leader del movimento nella Striscia", ha detto la fonte.

La notizia aveva fatto sperare che la trattativa per il rilascio degli ostaggi fosse al punto di arrivo e che anche per la sorte di Rafah - cioè di 1.5 milioni di palestinesi - si fosse aperto uno spiraglio di speranza.

Ma la speranza è stata smentita da un comunicato diffuso dall'interno della fazione di Hamas vicina a Sinwar.

Il 26 aprile l'agenzia di Hamas rayalyoum.com riporta:

Sinwar e Al-Deif alla leadership straniera: “La battaglia di Rafah non è uno spettro e non ci spaventa, e siamo pienamente preparati per questo”. Non dovrebbe essere consentito l’uso dell’intimidazione come arma politica da parte degli intermediari.

Fonti delle fazioni della resistenza hanno chiesto ai negoziatori (di Hamas) all'estero di non affrontare la battaglia di Rafah come se fosse lo spettro più grande.

Si è appreso che sia il comandante Yahya Al-Sinwar che Muhammad Al-Deif hanno recentemente informato i negoziatori a nome della resistenza della loro piena disponibilità ad affrontare qualsiasi scenario di escalation militare a Rafah, qualunque esso sia.
In quella lettera si chiede direttamente ai politici della resistenza (al Hayya ?, ndr) di non fare concessioni basate sul desiderio di impedire la battaglia di Rafah.

Il messaggio è chiaro: nessuna trattativa potrà evitare lo scontro finale a Rafah. Netanyahu ancora una volta potrà utilizzare la strategia di Hamas per giustificare i suoi crimini contro i palestinesi.

La "battaglia di Rafah" serve a Sinwar per creare ancora di più le condizioni del "martirio" totale e dall'altra parte Netanyahu potrà utilizzare la strage incolpando Hamas e liquidando ogni trattativa sugli ostaggi, che saranno immolati assieme ad altre migliaia di civili palestinesi nella "battaglia di Rafah".

Ovvero quella che secondo Sinwar e Netanyahu diventerà l'apoteosi di tutte le battaglie tra Palestinesi ed Ebrei.

Questa ipotesi è confermata dalla dichiarazione a rayaloum:

Questo è ciò che ha spinto il comandante Khalil Al-Hayya a dichiarare l’altro ieri che le brigate militari sono pienamente preparate per la battaglia di Rafah, e non è vero che hanno perso la loro capacità e il controllo.


I “Messaggi Interni” hanno parlato di grande disponibilità nell’affrontare questa battaglia, proprio come sono state affrontate le battaglie di Khan Yunis e nel nord di Gaza, e il nemico sta esagerando nella politicizzazione delle sue minacce di una vasta operazione militare nella città di Rafah e i suoi dintorni.


Ma ciò che attira l'attenzione è il discorso sull'inizio della presenza di forze o gruppi di sicurezza palestinesi attraverso un accordo con Egitto e Israele nell'area del corridoio di Filadelfia.


Anche questa è una questione che rientra nel livello degli sviluppi notevoli, ma circoli interni alla resistenza informano i livelli esterni che la battaglia di Rafah non è una battaglia che sembra difficile o spaventosa, ad eccezione della questione della protezione dei civili, la dimensione militare della Falange, presente nei suoi più piccoli dettagli, soprattutto dopo aver accumulato e acquisito esperienza sul campo e dopo quanto descritto dai leader della resistenza, è una correzione di alcuni errori commessi nel nord e nel centro della Striscia.


Ciò che emerge nel contesto dello scambio di messaggi è il desiderio della leadership interna di irrigidire il fronte negoziale esterno di fronte alle pressioni che credono nella possibilità di spaventare la resistenza per evitare la battaglia di Rafah, soprattutto alla luce della crescente sofferenza dell'incubatrice sociale della resistenza e della minaccia di Israele di commettere massacri, che secondo la resistenza interna non si sono fermati negli ultimi mesi.

Dopo il chiaro comunicato ispirato da Sinwar, anche l'ala "moderata" di Hamas ha fatto marcia indietro precisando che le parole di al-Hayya erano state male interpretate dai media occidentali:

da almodon.com - fonte libanese attendibile :

Una fonte di Hamas ha detto ad Al-Modon che le parole del leader del movimento, Khalil al-Hayya, sulla disponibilità del movimento a deporre le armi e a trasformarsi in un partito politico se uno stato palestinese indipendente fosse stato stabilito sui confini del 1967 sono state interpretate in modo diverso.


La fonte ha sottolineato che ciò che al-Hayya ha detto da Istanbul non riflette un cambiamento o un cambiamento nella visione politica di Hamas, ma piuttosto il suo discorso sullo Stato palestinese è stato in risposta a un'ipotetica domanda del giornalista dell'Associated Press, ovvero che quando verrà istituito uno Stato palestinese, Hamas si disarma naturalmente come movimento a favore dell'esercito dello Stato.


La fonte ha continuato: "Quello che ha detto il fratello Abu Osama al-Hayya è stato sovraccaricato". Ha sottolineato che ciò che Al-Haya ha detto riguardo allo Stato palestinese non è nuovo, ed è stato accennato in tempi precedenti, e che il concetto del movimento per lo Stato palestinese sui confini del 1967, per essere pienamente sovrano, e non smilitarizzato, e il suo esercito è formato da fazioni o altri, e quindi avrà armi per l'esercito dello Stato. Tuttavia, al-Hayya non intendeva disarmare la resistenza senza uno "stato reale", secondo il leader di Hamas.

Allo stesso tempo, la fonte di Gaza ha confermato ad Al-Modon che la visione politica "indubbiamente" avrà delle variazioni dopo la fine della guerra a Gaza, considerando che la questione "sarà influenzata dai risultati della battaglia decisiva e storica", la "grande battaglia" (Rafah ?), e che il movimento parlerà di più dell'aspetto politico quando se ne presenterà l'occasione, e che approfondirà la discussione sul progetto statale, a cui ha fatto riferimento più di una volta, e a cui ha accennato nel "documento di Hamas" approvato nel 2017.

...

È interessante notare che la fonte di Hamas ha ribadito durante la sua intervista ad Al-Modon che i risultati della battaglia influenzeranno gran parte della visione politica di Hamas, soprattutto se "il movimento uscirà con la testa intatta, indipendentemente dall'entità dei danni, delle perdite e dei colpi che ha subito". Ha continuato: "Ciò che si intende per uscita del capo del movimento intatto è rimanere presenti sulla scena politica, e produrre un attore politico, e rafforzare la sua presenza se rimane intatta, contrariamente ai tentativi di Israele di indebolire Hamas, e rimuoverlo dalla scena".


Tradotto nella pratica Hamas-Sinwar vuole, al pari di Netanyahu, che la "battaglia di Rafah" faccia il suo corso, con l'immane carico di morti innocenti e di distruzione che ne seguirà.

Sinwar è sicuro di sopravvivere, sia fisicamente che politicamente, alla distruzione di Rafah.

Assieme al suo manipolo di fedelissimi è già fuggito al di fuori della Striscia e si prepara ad incassare e gestire politicamente tutto ciò che accadrà dopo l'eccidio finale.

La strategia di Sinwar ancora una volta combacia perfettamente con quella di Netanyahu.

Quest'ultimo infatti ha già previsto che la "battaglia di Rafah" non sarà quella conclusiva della guerra di Gaza, ma aprirà altri fronti di guerra, probabilmente con Hezbollah, che gli consentiranno di restare ancora al governo rinviando le dimissioni (dopo la vittoria di Trump alla Casa Bianca?).

Con ogni probabilità Sinwar riuscirà a portarsi dietro nella sua fuga dopo la mattanza di Rafah alcuni degli ostaggi sopravvissuti - quelli più rappresentativi di situazioni sensibili, come i militari e le donne - che gli saranno utili in trattive segrete successive, puntando a riorganizzare in Libano e Turchia la rete organizzativa di Hamas.

Contando anche sul fatto che la diplomazia internazionale non riuscirà a trovare soluzioni, né politiche né umanitarie, al genocidio di Gaza.


(in aggiornamento)


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Date Created: 27/04/2024 08:09:07


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