"Vi lascio tutti con Dio. Addio!" Discorso notturno di Putin.
Ha proposto di avviare i negoziati con l’Ucraina “senza precondizioni”
01:39, 11 maggio 2025 Fonte: Meduza
"Proponiamo che le autorità di Kiev riprendano i negoziati interrotti alla fine del 2022, riprendendo negoziati diretti e senza precondizioni. Ci proponiamo di iniziare senza indugio giovedì prossimo, 15 maggio, a Istanbul, dove si sono svolti in precedenza e dove sono stati interrotti.
Vorrei chiedere [al Presidente della Turchia] di concedere tale opportunità per condurre negoziati in Turchia e spero che egli confermi il suo desiderio di contribuire alla ricerca della pace in Ucraina. Domani abbiamo in programma un colloquio con il signor Erdogan.
Abbiamo ripetutamente proposto misure per il cessate il fuoco e non abbiamo mai rifiutato il dialogo con la parte ucraina.
Desidero esprimere ancora una volta la mia gratitudine per i servizi di mediazione e gli sforzi volti a una risoluzione pacifica della crisi ucraina che i nostri partner stranieri stanno portando avanti. Tra questi rientrano la Cina, il Brasile, i paesi africani, il Medio Oriente e, di recente, la nuova amministrazione degli Stati Uniti d'America.
Visto che è già l'una e mezza del mattino, vi lascio andare tutti con Dio. Arrivederci!
Le parole di Putin nel congedare la sera del 9 maggio i suoi maggiordomi al termine della sfilata allegorica del V-Day hanno innescato una ovvia reazione.
Putin vuole riprendere i negoziati del 2022. Bene! Perché no?
Veri negoziati oppure una perdita di tempo?
C'è solo un modo per capirlo, andare a Istanbul e guardarlo fisso e senza timori negli occhi, come in una mano di poker mortale.
Se Putin vuole veri negoziati allora dia un segnale, un cessate il fuoco immediato di almeno 30 giorni.
Non si è mai visto un negoziato di pace che si svolge sotto bombardamenti e assalti mortali.
Come si fa a negoziare con l'animo più sereno possibile, per quel che è concesso dalle circostanze, se poi arrivano i missili su Kyiv e uccidono decine di innocenti?
O sono veri negoziati, e allora devono avere un contesto in cui cessa il rombo delle armi e il subbuglio degli stati d'animo, o altrimenti è una farsa, un imbroglio, un tentativo di imporre una resa senza condizioni né margini di trattativa. Un tentativo che Putin e Trump hanno già fatto e Zelensky lo ha respinto.
E' quello a cui pensa Putin quando parla di negoziati, e quello a cui si adeguerebbe rapidamente Donald Trump, smanioso di apparire come il pacificatore e riprendere gli affari russi, leciti e illeciti è sempre e soltanto la resa incondizionata dell'Ucraina.
Ma Zelensky ha già respinto in passato i tentativi farseschi di imporgli un finto negoziato, litigando persino con Trump e Vance nello Studiuo Ovale.
Da allora sono incredibilmente cambiate le condizioni.
Zelensky ha ottenuto un appoggio significativo dei maggiori paesi europei, Gran Bretagna, Germania e Francia, e di settori importanti della NATO con altrettanti agganci importanti con il sistema di Difesa degli Stati Uniti.
Questo schieramento ha riportato Trump a più miti consigli e ad abbandonare, almeno per il momento, la sfacciata affinità con il criminale russo.
Zelensky ha firmato un accordo dignitoso sulle Terre Rare, togliendo pretesti al biscazziere americano, e Putin ha dovuto festeggiare il quarto V-Day dall'inizio della guerra in Ucraina senza aver raggiunto nessuna vittoria.
La situazione in Russia, per quanto la popolazione sia stata narcotizzata a dovere, presenta rischi crescenti di crisi economica e di "affaticamento" di regime.
L'abbraccio della Cina è solido ma soffocante, e mal sopportato dai nazionalisti russi.
I tassi di interesse bancari continuano a mantenersi sopra il 20% , come in un paese africano in bancarotta, il prezzo del petrolio cala, come cala l'influenza russa nel Medio Oriente.
Gli oligarchi non nascondono le preoccupazioni per i loro magri affari a causa delle sanzioni e dell'isolamento economico della Russia.
Putin non ha vinto la guerra, non controlla nemmeno l'intero territorio delle regioni ucraine annesse per decreto.
L'occupazione dei territori ucraini rischia di costargli talmente tanto, sia dal punto di vista militare che economico da renderli un pessimo affare politico.
Il tempo che passa non gioca a favore di Putin, checché ne dicano gli analisti di Donald Trump.
Zelensky ha dimostrato di avere alcune carte, a cui lo stesso Trump non aveva pensato.
La "solidarietà" europea, innanzitutto, fatta di aiuti economici e militari, ma soprattutto politici, ha bloccato il tentativo di Trump di svendere l'Ucraina sull'altare dell'interesse americano.
E' Trump che ora deve rincorrere gli alleati per rimanere dentro la partita dei negoziati Russia-Ucraina.
Tre mesi fa, sia il biscazziere della Casa Bianca che il criminale del Cremlino pensavano di poter discutere delle sorti dell'Ucraina e dell'Europa tete a tete, senza dover invitare Zelensky, Macron, Merz o Starmer.
Quel progetto è fallito, grazie alla coraggiosa Resistenza di Zelensky, che ora può presentarsi al tavolo dei negoziati guardando fisso negli occhi l'odiatissimo Vladimir Putin per comunicargli il disprezzo di tutto il popolo ucraino e soprattutto la volontà di non arrendersi.
Putin non ha vinto e se vuole davvero una pace conveniente deve mettere sul tavolo del negoziato le terre ucraine occupate, se vuole riavere indietro una parte dei 300 miliardi di euro delle banche russe sequestrati dagli europei e se vuole rientrare nel circuito economico-commerciale internazionale per evitare la bancarotta della Russia.
Al tavolo delle trattative Zelensky lo guarderà fisso negli occhi per ricordare a Putin che tre anni e mezzo di guerra feroce, centinaia di migliaia di morti, territori distrutti, non gli sono bastati per proclamarsi vincitore.
Che il negoziato cominci, senza illudersi.
Ma Putin farà come Stalin
Come spiega Alexander Baunov su Meduza
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Dopo tre anni di guerra, oltre alla Crimea, la Russia controlla gli stessi due centri regionali di prima, aggiungendovi diversi centri distrettuali di varia importanza e 100 mila chilometri quadrati - l'intero Portogallo o la Bulgaria - anche se in gran parte terra bruciata. Inoltre, lo status giuridico internazionale di questi due centri regionali e della Crimea non è cambiato nemmeno per i paesi della “maggioranza globale”: non sono praticamente considerati territorio russo da nessuna parte.
Anche gli obiettivi simbolici importanti per i patrioti militanti, come Kharkov e Odessa, un cambio di potere a Kiev e una revisione delle leggi ucraine, non sono stati raggiunti. Questa immagine di vittoria è difficile da vendere non solo alla popolazione russa, ma anche da includere nella serie di gloriose vittorie dei grandi sovrani della Russia, il che è senza dubbio una preoccupazione per Putin, immerso nello studio continuo della letteratura storica, tenendo lezioni di storia a giornalisti e leader stranieri.
È proprio questa la ragione dell’insistenza paradossale del Cremlino sulla questione del riconoscimento dei territori non conquistati. Mantenere effettivamente ciò che è stato effettivamente conquistato è un successo locale delle armi, una vittoria limitata della forza. Ma forzare la cessione di territori non conquistati è una rottura della volontà politica dell'avversario, un successo tangibile non solo nell'ambito della forza, ma anche della legittimazione delle più diverse, persino assurde, richieste russe.
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L'amministrazione Trump ritiene che, dopo tre anni, la Russia sia stanca della guerra e che la prospettiva di ripristinare le relazioni in cambio della fine della guerra e di guadagni territoriali sia sufficiente perché il Cremlino accetti la pace.
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L'immagine di un grande e redditizio accordo tra grandi potenze era molto popolare a Mosca. In questo contesto, Yalta è considerata un esempio di tale accordo , che presumibilmente sanciva il consenso degli alleati occidentali alla sfera di influenza russa. Da qui il desiderio costante di una “nuova Yalta”, cioè di una legittimazione diplomatica delle attuali rivendicazioni russe.
Pochi ricordano che Yalta in realtà fallì. Non sono state osservate le percentuali di influenza nei diversi paesi dell'Europa sudorientale che Churchill e Stalin annotarono su un tovagliolo; Nessuna Yalta avrebbe dovuto trasformare gli stati dell'Europa centrale e orientale in dittature comuniste: esse potevano essere imposte solo con la forza. Si svolse una guerra fredda, non pianificata da alcun accordo di Yalta, una guerra civile in Grecia, una crisi di Berlino e, infine, la guerra di Corea , iniziata con l’approvazione di Mosca: la prima guerra per procura della storia tra paesi in possesso di armi nucleari, che per molti fu l’inizio della Terza guerra mondiale.
Congelato in un delicato equilibrio tra forza e legittimità, perfino rinunciando ad alcune delle sue richieste in Asia e in Africa, Stalin alla fine scelse la forza come mezzo più affidabile per mantenere ciò che aveva conquistato. Putin la pensa allo stesso modo ed è possibile che, dopo aver attraversato dubbi simili, non fidandosi dell'Occidente come fonte di legittimità, faccia la stessa scelta.
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Date Created: 12/05/2025 06:54:20