QATAR: ACCORDO TRA HAMAS E ISRAELE PER TREGUA E OSTAGGI
MIGLIAIA DI PALESTINESI A GAZA FESTEGGIANO LA TREGUA IMMINENTE
- 1 Febbraio - Il ministero degli Esteri del Qatar ha dichiarato che "Israele ha accettato la proposta di cessate il fuoco e abbiamo una prima conferma positiva da Hamas", mentre fonti israeliane hanno affermato che è probabile che Tel Aviv riceva una risposta dal Qatar nelle prossime ore.
Il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majid al-Ansari, ha dichiarato: "L'incontro di Parigi è riuscito a integrare le proposte... La parte israeliana ha accettato questa proposta e ora abbiamo una prima conferma positiva da parte di Hamas".
E' probabile che l'annuncio dell'accordo nelle prossime ore venga sugellato dal rilascio immediato di un gruppo di ostaggi.
Si fanno sempre più insistenti le voci di un possibile accordo tra Hamas e Israele, con la mediazione di USA, Egitto e Qatar, finalizzato ad ottenere una tregua sostanziale di molte settimane in cambio della liberazione di molti ostaggi israeliani sequestrati il 7 ottobre 2023.
Per concludere l'accordo e iniziare un percorso di resa anche militare da parte di Hamas si è impegnato ufficialmente il capo politico storico delle milizie palestinesi a Gaza Ismail Haniyeh che da anni vive lussuosamente in Qatar delegando a Yaia Sinwar e soci la gestione degli "affari correnti".
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Ismail Haniyeh, capo dell'ufficio politico di Hamas, ha detto martedì che il gruppo ha ricevuto una proposta di cessate il fuoco dopo i colloqui a Parigi e che la studierà, aggiungendo che visiterà il Cairo per discutere il piano.
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La ricomparsa di Hannyeh segna la sconfitta dell'ala dura di Sinwar nel quadro di uno scontro politico e ideologico tra le milizie di Hamas.
Uno scontro che probabilmente covava già da tempo, sotto il peso delle bombe israeliane e la perdita di consensi tra la popolazione martoriata di Gaza. Le milizie di Hamas sono decimate e allo sbando, la catena di comando completamente distrutta, e la popolazione palestinese affamata e martoriata non teme più di esplicitare le accuse alle milizie jihadiste di aver contribuito alla catastrofe di Gaza illudendosi di poter combattere lo strapotere militare di Israele.
Un segnale di sconfitta politica amplificato da uno strano documento pubblicato da Hamas (la componente rifugiata in Libano) alcuni giorni fa nel quale si cercava di giustificare la strage del 7 ottobre ammettendo "alcuni eccessi" e negando di aver compiuto strage di bambini e violentato donne, come invece ampiamente documentato da diverse fonti.
Un documento che addirittura nega la matrice antiebraica di Hamas - confinandola ad una lotta contro il sionismo - e considera la milizia palestinese un "movimento di liberazione nazionale con un pensiero islamico moderato" dimenticando di essere, indiscutibilmente, un'estensione di una delle correnti dell'islam politico rappresentate dai Fratelli Musulmani.
Un vero e proprio documento di revisione ideologica di Hamas che apre le porte ad un accordo per lo scambio ostaggi-prigionieri e una tregua sostanziale nella devastata Striscia di Gaza.
Restano ostacoli e nodi difficili da sciogliere ma questa volta la comparsa di Haniyeh assieme ai mediatori americani e qatarini è decisiva.
Come altrettanto decisivo è stato l'impegno del leader dell'opposizione israeliana a Netanyahu, Yair Lapid a sostenere comunque il governo in caso di accordo per la liberazione degli ostaggi. Una garanzia importante perchè toglie a Netanyahu il pretesto rappresentato dalla destra estremista religiosa di Ben G'vir che minaccia di uscire dalla maggioranza in caso di un accordo sugli ostaggi che comporti la fine della distruzione di Gaza.
La verità è che Hamas - almeno la componente legata ad Haniyeh - sta trattando la resa che, oltre a prevedere la fine dei combattimenti, richiederebbe anche la garanzia di salvezza per una parte dei dirigenti sopravvissuti e nascosti nei tunnel della Striscia.
Israele non ha alcuna intenzione di rinunciare ad assassinare Sinwar - simbolo dell'efferatezza contro gli israeliani del 7 ottobre - e Netanyahu sa che il suo elettorato già fortemente critico nei suoi confronti non gli perdonerebbe la mancata uccisione del capo militare di Hamas.
Da parte sua Haniyeh deve provare a salvare il salvabile, anche scaricando Sinwar, per poi poter sperare di giocare la partita del dopo-guerra e avere ancora qualche margine per rappresentare gli interessi del popolo palestinese contando sui legami con il Qatar e l'Iran.
Israele invece punta ad un accordo limitato solo agli ostaggi, che secondo le stime dei servizi di intelligence dovrebbero essere 136, concedendo alcune settimane di cessate il fuoco ma senza la liberazione di prigionieri palestinesi.
Inoltre nessuna garanzia di salvezza per i capi di Hamas e nessun ritiro delle truppe dell'IDF per un periodo di almeno un anno, in attesa di soluzioni politiche legate all'esito dello scontro presidenziale tra Joe Biden e Donald Trump.
Nuovi dettagli sui colloqui per l'accordo sui prigionieri.
Una proposta per fermare i combattimenti a Gaza per sei settimane e rilasciare 35 "prigionieri" israeliani in cambio del rilascio di migliaia di prigionieri palestinesi. Lapid promette di dare al governo una "rete di sicurezza" per concludere l'accordo. Blinken discute con il ministro degli Esteri del Qatar di una "tregua prolungata"
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Da parte sua, il leader dell’opposizione israeliana Yair Lapid si è impegnato martedì a dare al governo di Benjamin Netanyahu una “rete di sicurezza” per qualsiasi accordo che preveda il ritorno dei prigionieri israeliani da Gaza.
Ciò avviene dopo che il ministro della Sicurezza nazionale israeliano Itamar Ben Gvir ha minacciato oggi di rovesciare il governo se fosse stato raggiunto un “cattivo accordo” sullo scambio di prigionieri, come ha detto lui.
Qatar, Egitto e Washington continuano i loro sforzi per raggiungere un accordo tra Israele e Hamas per lo scambio di prigionieri e il cessate il fuoco a Gaza.
Lapid, leader del partito “C'è un futuro”, ha dichiarato sulla piattaforma “X”: “La prima clausola, la prima riga, nel contratto tra lo Stato e i suoi cittadini, stabilisce che lo Stato è responsabile della loro vita. "
Ha aggiunto: “Non solo per la loro salute o l’educazione dei loro figli, ma per il bene della vita nel suo senso più semplice, per garantire che lo Stato non li abbandoni mai a morire”.
Lapid ha proseguito: “Non abbiamo modo di riportare in vita i nostri morti, ma dobbiamo riportare i rapiti alle loro case, altrimenti crollerà qualcosa di molto fondamentale nel nostro rapporto con gli altri, nel rapporto tra un popolo e il suo Paese, e certamente nell’essenza della fiducia tra cittadini e governo”. Questo non dovrebbe accadere. "Ci sono cose che vanno oltre ogni discussione."
Ha aggiunto: "Negli ultimi 116 giorni ho incontrato decine di famiglie di rapiti. Ho promesso loro e ripeto la mia promessa: daremo al governo una rete di sicurezza per qualsiasi accordo che restituisca i rapiti alle loro case e alle loro famiglie". Questo è il nostro impegno nei confronti dei rapiti e delle loro famiglie”.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non ha risposto all'offerta di Lapid
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Date Created: 30/01/2024 17:58:45