GAZA, IL DILEMMA SUGLI OSTAGGI: Chi Vuole Davvero Riportarli a Casa?


i.fan. - 17 Novembre 2023 - aggiornato il 02/12/2023 10:51:45

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18 novembre - Israele ha informato i mediatori del Qatar che rifiuta completamente un accordo sullo scambio di prigionieri con Hamas

Netanyahu vuole liberare gli ostaggi senza concedere nulla ad Hamas, mentre Hamas (i capi) vuole salvare la pelle senza liberare (tutti) gli ostaggi.
E' un dilemma ad alto rischio per gli ostaggi



18 novembre - (Reuters) - Israele ha informato i mediatori del Qatar che rifiuta completamente un accordo aggiornato sullo scambio di prigionieri con Hamas, che include il rilascio di 50 ostaggi israeliani detenuti a Gaza.


Hamas ha diffuso un video che mostra l'86enne Arye Zalmanovich, un ostaggio israeliano rapito dalla sua casa nel Kibbutz Nir Oz il 7 ottobre.

Zalmanovich soffre di problemi di salute e ha bisogno di cure. Il video pubblicato da Hamas solleva preoccupazioni per la sua vita.


La guerra di Gaza, intesa come conflitto armato tra i miliziani di Hamas e le forze militari israeliane, è finita già da molto tempo. Il gigantesco divario di armamenti e tecnologie non aveva mai fatto dubitare sull'esito della guerra di Gaza.

Finiti i combattimenti in senso stretto è iniziata la mattanza, la distruzione sistematica e in gran parte motivata solo da istinto barbarico di vendetta, di tutto ciò che a Gaza potesse essere sinonimo di società civile; dalle abitazioni agli acquedotti, dalla rete elettrica ai negozi, dalle strade agli ospedali, passando per scuole moschee e monumenti, palazzi istituzionali o campi profughi.


Quindicimila morti, quasi la metà bambini, e un terzo sepolto sotto le macerie, i cadaveri in decomposizione, intere famiglie scomparse, i sopravvissuti costretti ad aggirarsi e trascinarsi nelle campagne, cibandosi di erbe e bevendo acque stagnanti.


L'esercito di Netanyahu a Gaza cerca in tutti i modi di superare i crimini orribili compiuti da Hamas il 7 ottobre, in una oscena e disumana gara all'eccidio gratuito.
La propaganda dell'esercito israeliano compete con quella delle fazioni palestinesi, mostrando trofei che cercano di giustificare la distruzione.


Dopo l'assalto all'ospedale al-Shifa ad esempio, l'IDF ha propagandato le immagini di alcune armi ritrovate in uno scantinato del complesso sanitario. Secondo la logica di Tel Aviv sono servite ad Hamas, quindi è giusto aver distrutto l'ospedale, ucciso decine di civili, di malati, di neonati.
La follia omicida di Netanyahu si alimenta di questa squallida propaganda criminale.

La guerra combattuta con le armi tra Netanyahu e la sua creatura impazzita Hamas è finita ma continua quella sul fronte politico, dentro e fuori il Medio Oriente, e sarà quello a decretare l'esito finale di questa oscena mattanza.

Lo scontro politico ruota attorno a chi e come gestirà il post-Gaza.

Se Netanyahu (e la maggioranza dello schieramento politico israeliano) riuscirà nell'obiettivo di cacciare da Gaza almeno un milione di palestinesi, spingendoli verso l'Egitto e quindi verso l'Europa, Gaza sarà occupata dall'esercito per gli anni a venire, sarà piano piano colonizzata e i palestinesi rimasti saranno ridotti a schiavi compiacenti.
Israele non concederà mai più l'autonomia a Gaza, con il pretesto della prevenzione di nuovi atti terroristici che minaccino la sicurezza dello Stato ebraico.


Molti analisti sostengono che nonostante l'enorme distruzione causata dall'esercito israeliano, i veri obiettivi di TelAviv sono ancora lontani dall'essere raggiunti. I capi di Hamas e molte migliaia di miliziani si sono dileguati, riuscendo finora a sfuggire ai "cacciatori di teste" israeliani.

Non si sa dove si trovi Sinwar, capo militare di Hamas e stratega del 7 ottobre, i capi politici sono tutti all'estero tra Iran, Qatar e Libano.


La struttura organizzativa e finanziaria del gruppo palestinese non è stata annientata e probabilmente non lo sarà se non intervengono altri scenari politici internazionali.


Ma anche l'altro obiettivo di Israele, riportare a casa i 238 ostaggi, per qualcuno più importante del primo, resta ancora incompiuto.

Se saranno salvati, e come, resta un'incognita, anzi un dilemma. Chi vuole riportare davvero a casa gli ostaggi?
Netanyahu ha già dichiarato in più occasioni che l'obiettivo di salvare gli ostaggi è importante ma non prioritario rispetto a quello di distruggere Hamas.
Qualcuno (amministrazione Biden) ha cominciato a fargli notare che siccome la distruzione di Hamas non è stata ancora completata, forse conviene concentrare gli sforzi sulla liberazione degli ostaggi.


Ma per liberare gli ostaggi occorre riconoscere ad Hamas lo status di soggetto importante nell'ambito della trattativa condotta da USA Qatar ed Egitto.


Come si fa a trattare credibilmente con coloro che si vuole distruggere ed uccidere?
L'opzione militare, cioè tentare di liberare gli ostaggi con uno o più commando di specialisti antiterrorismo, è rischiosa e quasi certamente destinata a provocare un alto numero di vittime tra gli ostaggi.

Dopo aver fallito il primo obiettivo, Netanyahu rischierebbe di mancare anche il secondo, il "bring them home" che tutto Israele chiede, non senza l'evidente schizofrenia di salvare i prigionieri uccidendo i carcerieri.


Comunque vada, le famiglie degli ostaggi sono diventate un soggetto politico importante negli equilibri in Israele e tra Israele e il suo principale alleato, gli Stati Uniti.


Anche per Hamas la gestione degli ostaggi è rischiosa e problematica.
Alcune fazioni, non si sa se per ordine superiore o se per logiche parziali, hanno iniziato a giustiziare gli ostaggi, come nel caso della soldatessa Noa Marciano.
Nelle trattative pesa la longa manus del Qatar, protettore di Hamas e alleato degli USA, e grande esperto di mediazioni e corruzioni internazionali.


Il Qatar ha il vantaggio di poter agire senza condizionamenti interni e senza troppi scrupoli ed è consapevole che la trattativa sugli ostaggi in mano ad Hamas regala allo sceicco di Doha un ruolo anche negli oscuri equilibri tra i regimi arabi.

Il centro delle trattive ruota attorno alla richiesta di "cessate il fuoco" e alla sua durata: 24-48 ore secondo gli israeliani, non meno di 5 giorni secondo Hamas.


E' ovvio che un tempo di inattività bellica prolungato sarebbe non solo un sollievo per la popolazione palestinese martoriata ma anche un modo per consentire ad Hamas di riorganizzarsi e ripararsi forse fuori dalla Striscia di Gaza, trasferendo una parte degli ostaggi nel Sinai, fuori dal raggio di azione dell'IDF.

Per questo Netanyahu ha ordinato di occupare anche il Sud della Striscia, convinto di avere ancora qualche possibilità di intercettare le basi di Hamas con dentro i rapiti del 7 ottobre.

Biden ha fatto arrivare a Netanyahu un messaggio alquanto semplice: "Gli ostaggi devono essere ritrovati vivi. Se muoiono sarà una sconfitta per tutti e una vittoria per Hamas".


Risultato: Netanyahu ha rinviato, obtorto collo, l'operazione di distruzione nel Sud della Striscia.


Se il Qatar riuscisse nella difficile impresa di salvare i leader di Hamas e ottenere il rilascio di gran parte degli ostaggi, potrebbe ritenersi a buon diritto il vincitore morale della guerra di Gaza nel variegato panorama dei sostenitori filopalestinesi e delle diplomazie occidentali.

Ma per il momento anche il regime di Doha resta lontano dall'obiettivo: gli ostaggi sono ancora in qualche tunnel nascosto, o forse sono morti durante i bombardamenti dell'IDF, o forse entrambe le sorti.

Quel che è certo è che la guerra di Gaza si combatte anche sulle loro teste.


i.fan. twitter: menoopiu


Key1: Ostaggi Gaza keywords: Arye Zalmanovich, Gaza, Guerra di Gaza, Ostaggi di Gaza, Hamas, Israele, Netanyahu, Palestina, Joe Biden,

Date Created: 17/11/2023 21:53:20


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